I Biancari e Suor Maria Giuseppa Scandola

Chi è Maria Giuseppa Scandola e la celebrazione che si svolge in contrada ad agosto

Suora missionaria delle Pie Madri della Nigrizia, Maria Teresa Scandola nacque a Bosco Chiesanuova, in contrada Biancari, sita a due chilometri dal paese, il 26 gennaio 1849. Chiamata familiarmente Marietta, terzogenita di Antonio e Giuseppina Leso, rimase orfana del padre all’età di sei anni. Solo l’accortezza e l’energia della madre riuscirono ad evitare il disastro. Ma la povertà non intaccò mai la fede genuina della Leso che trasmise ai figli un’incrollabile speranza.

La Scandola poté conoscere solamente pochi rudimenti del sapere e quello che apprese lo dovette a Teresa Vinco, una donna altruista, che raccolse attorno a sé i ragazzi e le ragazze della parrocchia. Gli anni nella contrada passarono relativamente tranquilli e la Scandola – come tutti i bambini di allora – si occupò dei quotidiani lavori agresti. Andata a servizio ad Avesa, scampò miracolosamente all’aggressione di un giovane, si ammalò gravemente e, quando sembrava davvero compromessa la sua vita, si svegliò improvvisamente: era l’8 dicembre e quel giorno della festa dell’Immacolata Concezione fu sempre sopra il suo capo.
Nel maggio 1871 Marietta Scandola si trovava – con un grande raduno di folla – ad Erbezzo dove si diceva fosse apparsa la Madonna. Il suo comportamento curioso, ma incredulo, attirò l’attenzione di Daniele Comboni ch’era arrivato perché inviato dalla Curia vescovile ad appurare i fatti. Colpito dalla saldezza e dall’equilibrio della giovane ventiduenne, il sacerdote di Limone le illustrò il suo progetto della “Rigenerazione dell’Africa attraverso l’Africa”. Un secondo incontro allentò l’incertezza, vinse le perplessità del parroco di Bosco Chiesanuova e così il 17 gennaio 1872 Maria Teresa e la madre scesero a Verona. San Daniele Comboni aveva appena fondato l’Istituto delle Pie Madri della Nigrizia.
Fu l’inizio di un viaggio senza ritorno. La Scandola fu la seconda pietra viva della nuova fondazione preceduta, solo di qualche giorno, da Maria Caspi. Il 19 marzo 1877 ella emise la professione religiosa assumendo il nome di Maria Giuseppa: fu una donna di grande umiltà, di fede profonda e si sottomise volentieri ai lavori più umili.
Le prime cinque missionarie – ed ella era tra quelle – partirono da Verona il 12 dicembre 1877 verso un’avventura la cui spinta veniva solo dalla fede nel Signore; salpate da Napoli tre giorni dopo, approdarono ad Alessandria d’Egitto il 19 dello stesso mese. Un lungo, faticoso percorso le condusse al Cairo, poi la navigazione sul Nilo, quindi l’estenuante traversata del deserto per giungere a Berber, nel nord del Sudan, il 31 marzo 1878. Luogo di confluenza delle carovane dal Kordofan, da Khartoum e dal Mar Rosso, qui le prime missionarie comboniane si fermarono. E suor Maria Giuseppa scrisse le sue prime lettere con il cuore gonfio di gioia dimenticando le sofferenze, il caldo, la siccità: era arrivata al luogo dove avrebbe dato tutta se stessa. Poi dalla stazione d’arrivo andò a El Obeid dove la carestia e le epidemie mietevano giovani vittime. Quindi a Khartoum assieme a suor Teresa Grigolini; qui Maria Giuseppa – indefessa e attenta ai piccoli neri e alle ragazze di colore – diventò il simbolo della carità. Daniele Comboni scrisse: “Suor Maria Giuseppa è la suora più santa che abbiamo… una vera santa”.
Il 10 ottobre 1881, a soli cinquant’anni moriva Daniele Comboni. Ma anche in questo momento tragico l’umile suora dei Biancari di Bosco Chiesanuova non s’arrese; alla consorella Grigolini che partiva per El Obeid prediceva dolore e lacrime e, senza dirlo, pregava Iddio che ciò non accadesse: ma il Mahdi e le sue truppe avrebbero distrutto ogni cosa e per suor Teresa Grigolini sarebbero venuti anni di disperazione e di amarezze senza fine.
Suor Scandola visse quegli anni nell’atroce sofferenza sapendo quanto le consorelle e i confratelli missionari dovevano patire. Sotto la pressione del Mahdi tutti dovettero abbandonare Khartoum, poi Berber ed ella guidò, assieme ai padri, le carovane dei diseredati verso un luogo di salvezza. Arrivati a Scellal, dovettero fuggire precipitosamente ed arrivarono al Cairo dove, piano piano, ella vide pervenire alcune consorelle fuggite dalla prigionia.
L’11 agosto 1888 suor Maria Giuseppa, con padre Casimiro Giacomelli e fratel Pietro Santoni, guiderà ancora la carovana verso la Gezirah, un isolotto sul Nilo, poco fuori Cairo, che diventerà la prima colonia antischiavista che il mondo ricordi. Lì Mons. Francesco Sogaro, vicario apostolico, aveva contrattato con i soldati inglesi e a poco a poco fu costruito un villaggio. Divenne responsabile padre Antonio M. Roveggio e suor Scandola fu il suo braccio destro: instancabile, con dedizione che non conosceva fatiche né fame né sete, ella provvide all’educazione, alla cura dei malati, alla gioia di avere degli schiavi liberati e restituiti alla loro dignità. Fu la responsabile della casa delle “morette”, si prese cura delle ragazze a diventare madri e mogli, le riscattò da una vita che non avevano mai goduto. Divenuta superiora provinciale delle suore comboniane in Africa nel luglio 1891, ritenne di non esserne degna e fece di tutto per esentarsi: ci pensarono le male lingue e fu sostituita nel 1895. Mons. Roveggio, diventato vicario e vescovo, la tenne nella massima considerazione e a lui, che era stato il suo padre spirituale, confidava di volere fare di più ancora.
Così dopo Berber, El Obeid, Khartoum, Schellal, la Gezirah, Cairo ed Assuan dove aveva speso intensamente la sua vita operosa, chiese ed ottenne di andare a Lul, in Sudan, una stazione missionaria d’avanguardia. Si fermò a Khartoum dove pregò il Signore per la riapertura della missione e poi s’imbarcò sul Nilo Bianco approdando nella nuova, desolata sede: era il 21 giugno 1903 e fu un arrivo feriale, dimesso, silenzioso, senza battimani. Ma il suo cuore era gonfio di gioia e di amore (lo scrisse a casa): qui era nel centro della Nigrizia, finalmente. S’accinse ad imparare la lingua schilluk e, giorno dopo giorno, la nuova missione assumeva l’aspetto dell’accoglienza fraterna, della carità indiscussa, della benevolenza senza confini.
Suor Maria Giuseppa cominciò a non stare bene, ma a nessuno lo disse. Venne un giovane padre, Giuseppe Beduschi e s’ammalò gravemente, tanto da non lasciare speranze. La Scandola, venuta a conoscenza, disse al fratello di non preoccuparsi perché sarebbe toccato a lei, non al giovane missionario. Il Signore l’ascoltò: padre Beduschi si rimise quasi subito e suor Maria Giuseppa morì il 1° settembre 1903. Aveva cinquantaquattro anni.
Ora, per lei, è stato iniziato il processo di beatificazione.

Bibliografia: tra la molta letteratura, ci permettiamo di segnalare solamente Aldina Martini, “Solo una donna può amare così: Giuseppa Scandola missionaria comboniana (1849-1903)”, Bologna, EMI, 1997: Elisa Pezzi, “Una strada che si chiama silenzio: profilo di Suor Giuseppa Scandola missionaria comboniana (1849-1903)”, Bologna, EMI, 1978; Pietro Chiocchetta, “Il faggio della Madonna: Sr. Maria Giuseppa Scandola”, in Id., “Briciole della tavola comboniana”, “Archivio Madri Nigrizia”, 8, 2007, 13, pp. 129-182. Di grande interesse le “Lettere ai familiari (Khartoum 1879-Lul 1903)”, a cura di A. Martini, “Archivio Madri Nigrizia”, 3, 2002, 3.